Donne ai tempi del coronavirus
Auguri a tutte le donne, che possiate riscoprire il vostro valore, che possiate contare sempre sul vostro coraggio e sulla fiducia che avete in voi stesse.
Oggi è una giornata molto impegnativa per tutte le donne che siano mamme, single, nonne, sorelle, amiche. Noi vogliamo mostrarvi tutto il nostro sostegno e vi inviamo una riflessione sui tempi che stiamo vivendo e affrontando.
Ci siamo ritrovate a stare a casa con i nostri figli per un tempo che non avevamo previsto. I compagni/mariti si stanno forse rendendo conto che non è così facile badare alla casa, ai figli. Non è per niente facile far funzionare tutto.
Cosa far fare ai bambini più piccoli, e soprattutto, come stimolare i figli adolescenti?
Come riempire il tempo, gestire il parziale isolamento, i tempi dei pasti e quelli del gioco e di studi?
E nel frattempo, di quali energie ci stiamo nutrendo?
A quanto ammonta oggi il carico mentale che già in tempi non sospetti era arrivato alle stelle?
Quanto pesano tutte quelle acrobazie cerebrali, invisibili, costanti e sfiancanti che portano al benessere di tutti e al funzionamento efficace della casa? “Il carico mentale consiste nell’avere costantemente, in un angolo della propria testa, la preoccupazione e il pensiero delle mansioni domestiche ed educative, anche nel momento in cui non le si sta concretamente eseguendo. È una specie di vigilanza costante e pervasiva, è un lavoro di gestione, di pianificazione e di anticipazione che spesso ci si trova a fare completamente da sole.” Il libro fumetto Bastava chiedere di Emma è un’ottimo esempio.
E quello è il punto in cui ti dimentichi di te stessa. In un attimo finisci per ultima in coda alle priorità, intrappolata in un task che non svolgerai mai.
Ne sei consapevole?
Il mondo del lavoro ancora non riesce a venire incontro alle nostre esigenze. Lo smartworking non è ancora una realtà alla portata di tutti.
Dai tempi delle suffragette, è innegabile, sono stati fatti molti progressi, ma la condizione delle donne sembra stare sempre un passo indietro all’evoluzione della società. Ci siamo ritrovate nella maggior parte dei casi con il peso di tutte le responsabilità che avevano le casalinghe negli anni ’50, con in più il lavoro. Ancora si sentono frasi come: “Mio marito è bravo, mi aiuta in casa…”. Come a dire: la casa e i figli sono un dovere esclusivo della donna mentre il compagno che aiuta è elevato alla santità, perché merce rara.
Oggi la giornata sulle donne va celebrata con una nuova consapevolezza.
C’è la necessità di ritrovare noi stesse, di riscoprire il nostro valore, di ritrovare la nostra forza e fiducia in noi stesse. Abbiamo bisogno di avere fiducia nel domani, per noi stesse e per i nostri figli.
Purtroppo subiamo ancora costantemente un linguaggio maschilista di cui il più delle volte non ci rendiamo nemmeno conto. Spesso ad esempio, anche sul lavoro, veniamo chiamate “ragazze”. Il che potrebbe anche farci piacere solleticando il nostro desiderio di vederci perennemente giovani e belle, ma in realtà, a meno che non abbiate tra i 15 e i 25 anni, il termine “ragazza” indica un intero immaginario: una persona che non ha esperienza e che prova a fare delle cose. A noi capita di continuo, pensate ad esempio a un uomo che inizi una nuova attività, come lo definireste? Un ragazzo che tenta il piano B o un imprenditore?
Abbiamo ancora molto da fare per sensibilizzare il genere umano su quello che il più delle volte può sembrare solo un vezzeggiativo o una carineria, ma che delinea con molta precisione la donna e le sue capacità.
Quando due donne discutono di lavoro, sono due donne che hanno il ciclo o non trombano abbastanza.
Un uomo ingegnere che varca la soglia di un ufficio è spesso salutato come “Ingegnere Bianchi!”, una donna ingegnere è la maggior parte delle volte salutata e presentata come “La Signora Bianchi”.
Sono piccoli, piccoli esempi che rappresentano però la consuetudine.
Qui trovate un articolo interessante: “Breviario del maschilismo per chi nega che esista“
I nostri diritti sono storicamente stati ottenuti da una rivoluzione, da donne che hanno lottato prima di noi per essere riconosciute al voto, nell’ambiente familiare e sul lavoro.
Cheap Festival sta realizzando un grande lavoro a Bologna di sensibilizzazione.
Se qualcosa deve cambiare deve iniziare da noi, utilizziamo parole appropriate per quello che siamo e che facciamo. Da qui inizia un percorso che vi farà capire a quante consuetudini ormai siamo abituate.
I titoli del 2019 di Libero sulle morti per violenza sulle donne sono aberranti. Ricordiamo tra tutti “Era un gigante buono” appellativo rivolto a un uomo che ha ammazzato a sangue freddo una donna che non ricambiava il suo amore. Tra l’altro lesbica e qui apriamo un discorso forse troppo lungo sul trattamento delle donne lesbiche sui media e sul loro effetto nell’immaginario collettivo maschile.
I diritti ci sono perché qualcuno lotta per questi. A volte vuol dire scendere in piazza a volte vuol dire più semplicemente partire da noi stesse.
Apprezziamoci, fidiamoci di noi, del nostro lavoro e stabiliamo i nostri obiettivi.
Per essere più chiara posso portarvi l’esempio di un meraviglioso discorso tenuto da Paula Stone che ha cambiato sesso, da uomo a donna.
Improvvisamente si è ritrovata ad essere considerata un’ignorante, oltre che a pagare 10 volte di più un taglio di capelli. Qui apriamo il grande capitolo dal titolo “Uomini che ti spiegano come fare le cose”. Nel mondo anglosassone l’attitudine ha meritato un neologismo: mainsplaining.
Il meccanico ti chiede se hai ruotato la chiave prima di capire se l’auto avesse dei problemi. Succede quando parlano alle donne senza preoccuparsi o scusarsi se stanno aprendo bocca per dire “cose che noi sappiamo e loro non sanno”.
Lentamente ma inesorabili abbiamo la necessità di evolvere e far evolvere il linguaggio insieme a noi e insieme alla cultura della società.
Abbiamo bisogno di non sentirci sole, ci sono donne che hanno fatto la storia ma se cerchi online si parte da Giovanna d’Arco e Marie Curie che, per carità, sono dei grandissimi esempi, ma abbiamo bisogno di riferimenti contemporanei. Per confrontarci, per prendere ispirazione.
Vogliamo parlare ad esempio di Whitney Wolf? Qualcuno sa chi è?
Prima di googlarla vi diciamo 2 cose spicciole:
– E’ stata una dei fondatori di Tinder insieme ad altri 3 uomini. E’ proprio lei a dare il nome a questa app che oggi vale più di 4 milioni di dollari.
– Lei e uno dei fondatori hanno una relazione che presto finisce. Decidono di toglierle il titolo di co-founder. Lui a un certo punto la chiama anche “troia” perché ha inventato un’app per incontri.
– Lei gli fa causa e crea Bumble, un’app per incontri dove solo la donna può fare la prima mossa.
– Whitney vince la causa per molestie e riceve 1 milione di dollari di risarcimento.
– Decide di portare Bumble in India, dove si registra la più alta percentuale di violenza sulle donne.
– Oggi Bumble vale 3 bilioni di dollari.
– Whitney Wolf ha 30 anni.
Auguri donne, che possiate riscoprire il vostro valore, che possiate contare sempre sul vostro coraggio, sulla fiducia che avete in voi stesse.
Auguri a chi ha il grande compito di educare i propri figli.
Auguri a chi si mette in discussione per evolversi e non per cedere il passo.
Auguri a tutte le donne che non devono sentirsi sempre in lotta, né con altre donne, né con gli uomini, si parla di eguaglianza e rispetto, umano e professionale.
Auguri a tutte le donne che chiedono aiuto, perché la vita non è sofferenza e non siamo sole.
Possiate tornare ad avere fiducia nel vostro potere.
Patrizia, Claudia e Alessandra
Destino Pantelleria